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Cosa c’è che non va nella felicità?

Agosto 5, 2015

Se ci riflettiamo, sembra proprio una domanda assurda! Felicità non corrisponderebbe forse all’assenza di cose che non vanno?

La ricerca della felicità nella nostra società, non è direttamente proporzionale alla crescita economica, come hanno voluto nei propri programmi gli Stati…Visione di milioni di donne e uomini nel mondo intenti in una esasperante ricerca della felicità. Circolo vizioso di convinzioni e condizioni che rende l’essere meno libero e felice..nel mentre cerca la felicità! Impensabile, eppure, attorno a questa inseguimento infinito e logorante, gira il Pnl (prodotto nazionale lordo)! Infatti si presume che ad un aumento del denaro che circola per tale ricerca, coincida un aumento della felicità. Ma nella pista che porta alla felicità il traguardo non c’è, è il percorso stesso la felicità!

G.Simmel, uno dei padri della sociologia, sottolineava che i valori si misurano in base agli altri valori che devono essere sacrificati per ottenerli. Dunque, soprattutto nella nostra società “liquido-moderna” di consumatori immersi in contesti di rapido cambiamento, il rinvio della gratificazione è forse il più difficile sacrificio.

Si desidera annullare il passato, “rinascere”  con un “Io” diverso, migliore, ricominciare da un “nuovo inizio”…Ma perchè impegnarsi a migliorare se stessi, se ciò presuppone sforzo, coerenza, consapevolezza passando anche dal dolore? e se non ne vedessimo un giusto risultato?

Un “Io” che si ferma prima di aver raggiunto la felicità non può essere “vero” o “autentico”, è solo un residuo di pigrizia, ignoranza, inettitudine…L’assenza o l’insufficienza di felicità è una ragione giusta per incamminarsi in un viaggio allla scoperta di se stessi, alla ricerca del vero proprio Io, autentico.

Siamo felici finchè non perdiamo la speranza di essere felici in futuro. Così la chiave della felicità e l’antidoto alla miseria, stanno nel tenere viva la speranza di felicità. La condizione è  avere davanti a se una serie di nuove occasioni e nuovi inizi, come sezionando la vita in episodi autonomi, ciascuno con la sua trama, personaggi, fine. E la fine è importante perchè apre ad un nuovo inizio, dove nessun rapporto deve essere un contratto fino alla morte, ma una scelta, “il piacere dell’attaccamento”.

La vita è un’opera d’arte. Viverla è il senso della ricerca della felicità, ponendoci sfide difficili, obiettivi che, nel momento in cui si scelgono, sono oltre la nostra portata e per cui il raggiungerli ci faccia sentire all’altezza della sfida. Paura ed incertezza sono l’habitat naturale dellla vita umana e la speranza di sfuggirne è lo stimolo dell’attività umana, presupposto della “felicità autentica”, anche se sembra un’orizzonte che si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci ad esso…
-riflessioni su L’arte della vita di Zygmunt Baumann

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