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Ma che cos’è questa Empatia?

Novembre 6, 2015

Ma cos’è l’Empatia? Aiuta a cambiare il mondo!

Ne abbiamo parlato durante le prime serate del neonato Club dell’Empatia, il progetto ideato e proposto da DIVI, nato per… incontrarsi, per coinvolgersi, per condividere, per cambiare, per parlare di comunicazione. Lo potremmo definire un… social reale, al di là di internet, una dimensione diretta, a tu per tu, una non-conferenza! È stato davvero simpatico introdurre l’argomento e dar spazio a ragionamenti, esempi, discussioni, esperienze.

“Mi metto nei tuoi panni”: una dimensione umana, spirituale, sociale, solidale, sostenibile.

Comprendo il tuo modo di vedere e vivere il mondo”. L’empatia, se capita e vissuta come stile di vita spontaneo e autentico, aiuta a cambiare il mondo. Facciamo allora del nostro meglio! È un termine molto usato oggi ma, osiamo dire, non sempre con il senso giusto e conoscenza del significato, con il risultato di confusione ed equivoco.
La cosa positiva è che vuol essere simbolo di una sorta di rivoluzione della coscienza umana, come necessità, come missione personale e delle aziende moderne orientate, secondo le ultime conoscenze di comunicazione e marketing, alla dimensione umana, spirituale, sociale, solidale, sostenibile.
È assolutamente un atto di interrelazione, di comunicazione, anzi di pre-comunicazione, concordando con i filosofi, perché precede la comunicazione ed è un atto dello spirito umano. È anche il senso di quanto viene insegnato nei Corsi DIVI e in particolare nel Corso Dimensione Vita, per cui i vissuti soggettivi sono fondamentali per l’analisi della comunicazione e dei meccanismi relazionali.

Ora, questo post ha bisogno di coinvolgimento, curiosità, attenzione, per cogliere il meglio di ciò che vorremmo trasmettere, “sentire” con voi il tema più vicino e cercare insieme di comprenderlo sulla base delle vostre aspettative, emozioni, dubbi, voglia di sapere in merito al tema Empatia. Ma… come parlare di Empatia usando parole e concetti semplici quando il tema è così complesso e con mille sfumature? Forse sarebbe stato meglio scrivere di altro e non impelagarci in questi ragionamenti? Che ne dite, ci tentiamo? Vi garantiamo che è affascinante e soprattutto crea la possibilità di vedere con occhi diversi il mondo che ci circonda e a cui apparteniamo. Esattamente come ne parliamo al Club dell’Empatia!

Dall’Io al Noi, dal Noi all’Io. Comunicazione intersoggettiva: un po’ di storia dell’empatia

Per capire, per sperimentare quella sensazione, per spiegare quella tecnica come alcuni la chiamano, o stato personale e stile, abbiamo “studiato” l’empatia, capendone l’evoluzione storica del termine, per poi poter affermare, ognuno di noi, “si, è proprio quello che sento, che provo, che vivo”…l’empatia verso l’empatia e sentire che ci appartiene! Dall’Io al Noi, dal Noi all’Io. Ho vive in me tutte le tappe personali in cui mi sono relazionata e mi relaziono con empatia, fin da bimba a oggi, nelle diverse situazioni personali e professionali.
Ne parlavano gli antichi greci per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava il cantore o attore al suo pubblico. Ne parlavano, esprimendone il senso, a cavallo del ‘400 alcuni monaci, tra cui Tommaso da Kempis con una frase così…3.0!

“Se saprai sorridere con chi sorride, piangere con chi soffre, e saprai amare senza essere riamato, allora, figlio mio, chi potrà contestarti il diritto di esigere una società migliore? Nessuno, perché tu stesso, con le tue mani, l’avrai creata!”

La persona che ne ha sviscerato in tutti i modi il senso è stata Edith Stein allieva e poi assistente del fondatore della fenomenologia, Edmund Husserl con cui fece la tesi di laurea sul tema Empatia.
È interessante la biografia di Edith, uccisa ad Aushwits nel 1942 dopo alcuni anni in cui, convertita al Cattolicesimo, aveva preso i voti con il nome di Teresa Benedetta della Croce, addirittura beatificata da Giovanni Paolo II nel 1987, come simbolo di un “pellegrinaggio umano, culturale e religioso, che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del Continente europeo”.
Dunque, che significato dava la Stein all’Empatia? Lo spiegava il sociologo Achille Ardigò in relazione al libro della Stein “L’Empatia”:

concerne una specifica modalità e qualità di pensiero riflesso, calato nel nostro esperire vivente rivolto verso altri da noi, specie persone umane, ma anche animali e piante, ma anche verso il nostro corpo. Sono atti che ognuno di noi esercita di continuo… mediante i quali cerchiamo di comprendere – dalla percezione esterna corporea – l’interno degli altri, le loro sensazioni, i loro sentimenti… Gli atti di empatia… sono l’essenza della capacità di istituire comunicazioni intersoggettive sino a mettersi nei panni dell’altro, anche con sconosciuti, anche con stranieri; sono la condizione genetica di ogni comunicazione, quindi di ogni inizio di società”.

Dunque esperienza alla base della comunicazione intersoggettiva, come ponte tra la vita personale e la vita collettiva, per cui la persona si apre alla dimensione comunitaria mantenendo la sua libertà e autonomia. Niente di più attuale!
Il concetto derivava dalla filosofia fatta sul termine tedesco Einfühlung che significa “sentire dentro”, con cui si esprimeva la capacità umana di cogliere il valore simbolico della natura e sentirlo come parte di noi stessi. Il termine indicava poi lo sforzo della persona di percepire l’esperienza soggettiva interiore, propria o di un altro.

Comprendere il senso del mondo, fare esperienza di vita attraverso il Noi

Saltiamo passaggi filosofici e sociologici che diventerebbero pesanti anche se affascinanti e cerchiamo di rimanere sul concetto alla nostra portata. La parola chiave che mi ha condotta personalmente a capire il senso è stato il termine Lebenswelt, introdotto da Husserl, la cui traduzione è “mondo della vita” inteso come esperienza e percezione del senso del mondo, condivisa da tutti gli uomini, esperienza primaria, base della comprensione e della conoscenza. Questo mi riporta al concetto di Ayurveda “scienza della vita”, medicina e filosofia indiana che ho potuto studiare nel mio percorso di erborista e che mi ha aiutato a relazionarmi e comprendere in modo profondo il disagio e le emozioni dei miei clienti, considerando l’essere “psico-fisico” dell’individuo, imparando addirittura a sentire, nel vero senso della parola, l’odore di una persona, espressione del suo vissuto e a differenziare il “vedere” dal “guardare” chi mi sta di fronte. Ve lo racconterò una prossima volta!

Il soggetto facendo esperienza di vita diventa essere sociale, si mette in rapporto quotidiano con l’altro comprendendolo e sentendo che il mondo è fatto di soggetti, di altri, che interagendo diventano un “noi”. Per cui è il fare esperienza il nucleo del discorso.

“Guardo” l’altro e comprendo il suo sentire e lo faccio mio fino a provarne la sensazione, libera da giudizi, da compassione, dal senso di aiuto che sono altra cosa.

Che ne dite? È davvero difficile coglierne il preciso significato! Eppure poi viene spontaneo… e ci si può allenare all’empatia! Sentirsi accettati e capiti, trovare nell’altro uno come noi, al nostro livello e che comprende ciò che stiamo provando, ci rassicura e induce ad aprirci naturalmente al dialogo e al confronto abbassando le barriere difensive che molto spesso, purtroppo, caratterizzano i nostri rapporti. Vuol dire instaurare un rapporto di fiducia.

Empatia? Questione di specchi e di valori!

Accade a te, a me, a noi! Ecco che il bimbo sente le emozioni della mamma e a specchio reagisce, cresce: una mamma che gioca per terra con lui, che parla il suo linguaggio, che lo rassicura o lo sgrida solo con un’occhiata oppure un bimbo che si ammala perché sente che la mamma è tesa, triste, preoccupata… sono modi per vivere e crescere nell’esperienza dell’altro sentendola propria.
Empatia non è simpatia, non è inferenza, non è antipatia, ipocrisia… è una percezione, un “ascolto” dell’altro privo di giudizio morale.
A tutto questo si aggiunge il discorso dei valori, perché sui valori la persona costruisce se stessa e sui valori percepisce l’altro creando “corrispondenza essenziale tra il mio essere e l’essere dell’altro”. Stein:

Solo chi si sperimenta come persona, come totalità che possiede un senso, può capire altre persone

Imito, percepisco, mi immedesimo, colgo, sono un individuo sociale.

Ecco che pian piano ci avviciniamo al senso della formazione personale, al perché dei corsi che hanno un certo metodo e struttura.
Che cosa produce in me l’empatia con cui comprendo te? Ti percepisco con i tuoi valori e nel mondo di valori che hai fatto tuoi, questo innesca in me una comparazione di valori… sviscerando quanto in me manca o è sommerso. Direi una bella alternanza progressiva e continua tra empatizzante ed empatizzato, il cui risultato è la formazione dell’Io in rapporto al mondo esterno.
Pensate che per la Stein tutto questo ragionamento è stato ciò che l’ha fatta avvicinare da atea alla religione. Ma lasciamo stare questo discorso perché ci porterebbe a profonde e difficili considerazioni… lei ha desiderato poi vivere la sua empatia nei confronti di Dio.
Il principio di imitazione è stato affrontato con le pinze da Edith, ormai nostra amica, elaborato poi da Theodor Lipps. Importante fase dello sviluppo del bambino, questo dà ulteriori spiegazioni al nostro discorso. “imito, non esteriormente ma “interiormente“, l’azione di un altro o la sua reazione ad una corrispondente sopravvenienza partecipando così al vissuto interiore in tal modo espresso… in questo dato modo, non al fenomeno del vissuto altrui, ma a una mia propria esperienza che l’azione vista fare dall’altro risveglia in me” (Stein). La Stein sottolineava che il principio di imitazione si riferisce a “qualcosa che vedo e risveglia una mia esperienza pregressa”. Troverei spiegazione a questo con la filosofia indiana…ma non voglio andare oltre.
Edith si limitava all’esempio di un momento di rabbia per cui il mio interlocutore batte il piede per terra e comprendo il suo stato d’animo perché mi riporta alla mente un momento in cui io stessa ho reagito in quel modo. Forse è un po’ diverso il ragionamento successivo? Vorrò approfondire e togliermi ogni dubbio. “Faccio quello che fai tu”: riproporre gesti e modalità comunicative che siano vicini al tuo modo di comportarti, non significa scimmiottarti o copiare i contenuti del tuo discorso rinunciando al mio punto di vista. Mi immedesimo nella tua persona cogliendo i tuoi stati d’animo, condividendo la tua emotività come fosse mia, rinunciando al mio egocentrismo perché così sono un individuo sociale.

I neuroni specchio alla base del comportamento sociale e dell’empatia per conoscere noi stessi.

Accenniamo solo all’importanza degli studi di Darwin sulla comunicazione mimica delle emozioni. Ciò che sta dando interessanti risposte al tema dell’empatia, sono gli studi sui neuroni specchio scoperti negli anni ’90 da Giacomo Rizzolati, ricercatore dell’Università di Parma. I neuroni attivati dall’esecutore di un’azione si attivano anche nell’osservatore della stessa azione permettendo la comprensione dell’azione altrui. Questi sarebbero alla base del comportamento sociale, dell’acquisizione del linguaggio e pertanto dell’empatia. Se io mi riconosco in te, vuol dire che ti accetto e dunque permetto l’eventuale creazione di un gruppo omogeneo di individui in grado di collaborare. Ecco il nostro Club dell’Empatia!
Grazie a questi neuroni si permette la conoscenza di se stessi: infatti noi ci vediamo e ci riconosciamo attraverso l’immagine di noi che gli altri ci rinviano, gli altri sono il nostro specchio e imparando da loro, impariamo anche a conoscere noi stessi. Pensiamo ai nostri bimbi… quanto è stato fantastico fargli da specchio per crescere!
Questo processo inconsapevole dei neuroni specchio, viene approfondito con le neuroscienze.
Si può parlare di tecnica, di allenamento dicevamo, e può essere “usata” per diversi scopi nello sviluppo personale e nei meccanismi relazionali, l’importante è che sia meritevole!
Cmq… un esempio semplice dei neuroni specchio? Sappiamo tutti che il sorriso è contagioso o che uno stato d’animo negativo modifica l’umore altrui!
Pensiamo alla consapevolezza di questo meccanismo a favore di una compra-vendita o al fine di una proposta o al personal coaching o al docente con gli allievi: osservo come fanno i migliori e ne faccio il mio sistema… mi faccio osservare per ottenere una certa reazione!
Sapete chi rappresenta anche il concetto dell’empatia? Il Papa! Il “Signor Bergoglio” ha conquistato il mondo cattolico, e non solo, comunicando il concetto “io sono come voi”… lo avete osservato? Usa il nostro linguaggio, parla con schiettezza della vita quotidiana, annulla le distanze toccando le persone in modo amichevole, ha eliminato etichette e sfarzi.
Invece, una cosa sconcertante e verissima in criminologia, da approfondire, è il fatto che al criminale manca del tutto l’empatia… ma non apriamo altre porte! OK, basta! L’empatia porta a talmente tanti ragionamenti, poi sulla compassione, sull’affetto, sull’amore… gli studiosi cercano di schematizzarla ma quanto di essenziale tra i concetti lo abbiamo riportato!
Siamo convinti che il mondo ora più che mai ha bisogno di empatia, di quell’energia superiore, quella sintonia che infonde serenità, armonia, benessere interiore e senso di appartenenza.

Chiara Zoppellaro

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